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      (10) Non pare inutile per comodità del Lettore riprodurlo anche qui: "E' pare che Omero intendesse cantare le glorie principalmente del paese Jonio quando nell'Iliade, più che la selvaggia ira, e l'impetuoso valore del Tessalo Achille, magnificava il senno, l'intrepidezza e gli accorgimenti dell'Itacense Ulisse, quando,nell'Odissea, le pellegrinazioni meravigliose di questi sceglieva a illustre argomento del Poema, e la giusta vendetta che dalla schiera scellerata de' Proci ei ne trasse. Né diverso appare il suo intendimento là dove egli celebra il bel cielo, la bella terra di Scheria, le ospitali virtù, la perizia nella navigazione e nelle arti, e le sue saggie istituzioni politiche; e ciò pure ebbe in mira quando forse, nella persona del Cantore Demodoco, sé stesso descrive rallegrator di regj conviti colla letizia del verso.
      Era egli cittadino nostro, o Cefaleno, od Itacense, datosi a viaggiare per le greche contrade, ed a ricordare a' connazionali suoi la grandezza de' Numi, ed i vanti degli avi? Questo io non oserò di affermare; ben certo è che, a noi Joni, è permesso di andare orgogliosi di questa prima e somma rivelazione della Ellenica Musa, che insegnò al mondo a che, per potenza di nobile poesia, lice salire.
      Tale egli essendo, sembra non isconvenire ad un Jonio rallevato nelle Itale scuole, e grato a quel rallevamento, il tentare di dare una nuova traduzione in versi sciolti dell'Odissea, non già per entrare in ardita gara con i traduttori che il precedettero, ma perché or nell'una, or nell'altra, si scorgono almeno adombrati i tanti e sì luminosi pregi che nel divino poema risplendono.


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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437

   





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