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      S'ingannarono dunque a vicenda; e parte, a bello studio.
      Prima però d'incominciare, sorsero voci di differire, nel seno stesso del partito: ma no, avanti; da cosa nasce cosa. Alcuni ardenti giovani, di Bologna, si gettarono ai monti; una mano dei più animosi popolani li seguitò, e si venne così formando una banda d'insorti. A Napoli nulla, nelle Romagne nulla.
      Il governo papale prese le più rigorose disposizioni; pattuglie, sentinelle in ogni parte; cannoni nelle piazze; assembramenti di popolo proibiti; tutte le truppe in moto. Nelle circostanti colline furonvi de' parziali conflitti tra i liberali da un lato, gli Svizzeri e i gendarmi dall'altro: si mostrò valore da tutte le parti, ma più dai popolani non abituati alla guerra, alla disciplina, e al maneggio delle armi.
      Le Romagne mostravansi agitate, e nell'interno stesso di Bologna avevano luogo degli scontri armati.
      La gioventù delle varie città dava mostra di volersi levare; essa spiava i movimenti delle truppe assai attentamente, e li comunicava con rapidità da un luogo all'altro: attività, costanza e audacia in ogni impresa. Ma tentato un moto per impadronirsi della città d'Imola dal colonnello Ribotti, e riuscito a male, gli animi si sconfortarono, le bande della montagna vennero disperse, e si diè mano ad innumerevoli arresti.
      I capi, tanto quelli che combatterono, come coloro che, per una saggia prudenza (e furono i più), non s'erano mostri, si ridussero in salvo; il governo infierì. Da tutto questo venne in luce un fatto, cioè che il debolissimo governo papale valeva di per sé a sopprimere i moti rivoluzionarî ed a tenere in freno le popolazioni.


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Memorie Politiche
di Felice Orsini
pagine 371

   





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