Esisteva una nobile emulazione fra tutte le classi della popolazione, e la setta sanfedistica e i centurioni erano scemati in numero, potenza e forza.
Può dirsi che i pretesi capi, dimoranti in estranee contrade, non avevano parte diretta in questi moti: li assecondarono, soffiarono per entro al fuoco che covava, ma non li crearono né coi discorsi o proclami, né coi mezzi di armi o di pecunia. Egli è però vero, che la Giovine Italia non se ne stava inerte; e quantunque non in gran pregio, spediva genti tanto nelle provincie romagnole, come all'estero, per far tesoro di qualunque elemento d'azione. Ma la sorda e profonda agitazione era cagionata dai bisogni delle popolazioni e dal dispotismo papale ogni dì più crescente.
Una setta, o pochi fuorusciti strettisi in segreta associazione o in comitato, possono muovere bensì una mano di malcontenti, od anche di giovani bravi ed ardenti, ché in ogni regione ve n'hanno sempre; ma essere cagione di una rivoluzione generale, se gli spiriti non sono propizi a ricevere i cambiamenti, no. Le rivoluzioni sono conseguenza di un bisogno universalmente sentito, e non soddisfatto dai governi; nascono spesso per casi impensati, come si è veduto a Genova pel trasporto del mortaio nel 1746, e a Parigi più volte. Ma perché l'occasione dia moto alle passioni, e faccia che il popolo insorga, è mestieri che la rivoluzione morale sia compiuta, la oppressione universalmente sentita, l'odio contro il dispotismo straniero o interno profondo e inveterato nei visceri della società.
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