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      Scampato il mio amico al pugnale del vile assassino, serbassi nonostante puro, e continuò ad operare, per quanto ei poteva, a benefizio della sua patria, coprendo del più amaro disprezzo i suoi nemici.
      Falliti i movimenti del 1843, la maggior parte dei capi della cospirazione esulò nella vicina Toscana, e i principali accusatori con essi. A questo la calunnia prese un aspetto di moderazione; ma quando ei fu arrestato, quando trovossi nell'impossibilità di farsi temere, gli occulti nemici levarono la testa. Si disse perfino ch'ei s'era fatto arrestare a bello studio, a fine di dar colore alla consegna di una lista di congiurati. Né giovarono le mie difese; né il dire ch'ei giacevasi incatenato nelle prigioni; che lo si guardava col massimo dei rigori; che tanto avea in mano da mandar me ed altri al patibolo. Tutto fu inutile.
      Alcuni mesi dopo venni alla mia volta arrestato; perduto così l'unico suo difensore, il nome di Barbetti nelle Romagne suonò spia, traditore.
      Ma s'andò ancora più innanzi: si disse esser egli l'autore del mio arresto.
      Or bene, sappiasi da ognuno che nel processo ei non compromise alcuno; che rispose sempre negativamente e con fierezza ai suoi giudici; che il governo pontificio era irritato oltremodo della sua condotta(4).
      Chiuso il processo a noi relativo, egli fu messo nella mia prigione. Venuto il dì della seduta, voleva salvarmi; e disse che avrebbe asserito costantemente di essere egli l'autore dei fogli trovati, di avermi sedotto, ecc., affinché dei due uno fosse salvo, e che la morte dovesse toccare a lui solo.


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Memorie Politiche
di Felice Orsini
pagine 371

   





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