A buon diritto suolsi dire che le prigioni sono la pietra del paragone: ivi non entusiasmo, non slancio momentaneo, ma fame, schiavitù, reminiscenze di famiglia, e perdita di salute. In quei luoghi di miseria ogni piccolo difetto dei nostri compagni comparisce assai grande, e ci facciamo intolleranti.
Le passioni si manifestano in tutta la loro nudità; e col lungo contatto non v'è corteccia che tenga, non raffinata ipocrisia che possa durare; il cuore vedesi qual è: e grande scuola per conoscere gli uomini sono le prigioni.
Questi fatti non potevansi, per quanta forza ci facessimo, evitare; ma ciò non era tutto: ben altri ve n'aveano, che peggioravano la nostra infelice posizione.
La perfidia del governo papale avea posto con noi alcuni esseri irrequieti e cattivi per indole, ed altri conosciuti per delatori.
Il principale di questi secondi, per tacere dei primi, era certo Achille Castagnoli, condannato come membro della setta Ferdinandina.
Si pensi da ciò a quali conseguenze sinistre ci vedevamo talvolta esposti.
Si promovevano a bello studio delle scissure e delle liti; bene spesso riusciva la deputazione a sedarle, ma non sì che talvolta non si trascorresse alle mani e al sangue.
Il governo lasciava fare; anzi soffiava per entro il fuoco.
Un dì tra gli altri i soldati del presidio tirarono a più riprese delle fucilate contro i reclusi, perché alcuni di questi s'eran fatti lecito d'insultare un custode. Bella giustizia!
Si trascinava così la esistenza fra continui dissapori, malattie, e tra l'odio che ne divorava internamente contro gli sgherri papali.
| |
Achille Castagnoli Ferdinandina
|