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      XIV. In qualche provincia tuttavia questi scritti erano talvolta messi da lato; davasi di piglio invece alle opere di Mazzini, le quali se, a dir vero, ridestavano principî nazionali, e miravano alla unità ed indipendenza, insinuavano dall'altro un sentimentalismo, un misticismo, un non so che di religioso, che faceva andare le menti fra le nubi, e tra le incertezze delle religioni, di cui Mazzini afferma la necessità pel governo degli uomini, e non sa formularne alcuna.
     
      XV. Da questa folla di opere letterarie e di dottrine, confusione di idee sempre più crescente portata poi al colmo dalla lettera di Mazzini al papa.
     
      XVI. La Giovine Italia, che al suo apparire aveva attratto i giovani delle Università, delle accademie letterarie, delle scuole di filosofia e di teologia, era caduta nel discredito. Al che avevano dato grande impulso la cattiva applicazione della sua norma direttrice - l'azione costante - la meschinità dei mezzi, la mancanza, non più in dubbio, di rettitudine di giudizio intorno alle condizioni reali di tutte le classi sociali dell'Italia.
      Non essendo adunque più vincolati i giovani a guisa di settari, s'incomiciò ad agire allo scoperto tanto in Lombardia quanto altrove: maniera di azione, a cui si appigliarono altresì molti degli ex-affiliati della Giovine Italia.
      Quantunque non si pensasse più a questa, il capo, Mazzini, conservava però sempre un certo prestigio. Ciò nasceva da' suoi scritti, esposti in istile poetico-biblico-profetico; dall'ardire nelle imprese rivoluzionarie; e da quel non so che di misterioso, onde si riveste l'uomo ricordato per molti anni ad ogni momento, non mai veduto, dimorante nell'esilio ed in lontane contrade.


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Memorie Politiche
di Felice Orsini
pagine 371

   





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