Questo fatto, che poneva un velo sulle viltà e sulle bassezze di trecento anni di servitù, sorse in Lombardia. Là l'elemento popolare si ridestava; là non riforme, non papa, non misticismo, ma guerra allo straniero, ma libertà e indipendenza. Là insomma gridavasi Pio IX e riforme, come mezzo a mostrare l'opposizione all'Austriaco, e non già come fine. E quando gli Austriaci ebbero pronte le riforme, quando e' discendevano portatori di una carta costituzionale, per ottenere la quale tanto gracidare s'era fatto negli altri Stati Italiani, il popolo lombardo, quella carta lacerando, dava di piglio alle armi, ai sassi, a tutto che gli si parava dinanzi per combattere l'oppressore, e vendetta e morte - unico patto tra l'oppressore e l'oppresso - gridava contro lo straniero. Seguivano cinque giornate di combattimento e di eroismo.
I popoli dello Stato Romano avrebbero dovuto seguire l'esempio dei Milanesi al sopravvenire delle riforme del nuovo pontefice; e questo i Toscani, e questo i Napoletani; ma no: lo spirito essendo viziato sino dal principio, dovevasi seguitare lo sdrucciolo generale fino a rompersi il collo.
Gli Italiani dieronsi alle ciarle, ai proclami, ai banchetti, alle feste: quando sorse il momento della lotta, volavano sì alle armi, ma pochi, ma sotto le bandiere dei loro traditori stessi.
XX. Quantunque la propaganda albertina avesse da principio colto scarsi frutti nelle provincie LombardoVenete, i suoi effetti si fecero nullameno sentire; e mentre che il popolo eroicamente versava il sangue sull'altare della patria, alcuni moderati s'indicavano a vicenda per costituirsi in governo provvisorio.
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