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      I miei andari furono osservati dalla polizia; venni esigliato, da ultimo arrestato e tradotto ai confini.
      Come Leopoldo II discese alle riforme, tornai in Toscana: vi si trovavano il colonnello Ribotti e Nicola Fabrizi; mi posi in contatto con loro, e feci da segretario al secondo nella sua corrispondenza con Mazzini.
      L'argomento poi di questa volgeva sui fatti, che accadevano in Livorno e Firenze; sull'andamento dell'opinione pubblica; su quello che v'era da sperare; sul modo di spingere sempre più il governo a misure popolari.
      I moti di Calabria, con Romeo e Mazzoni alla testa (settembre 1847), avevano eccitato di molto gli animi; e benché terminati, si rammentavano come esempio a seguirsi: in Livorno si avrebbe voluto fare, ma credendo intempestiva una riscossa in Toscana, se ne depose il pensiero; a Firenze si tenne un congresso nazionale, presieduto da Montanelli: vi assistettero Ribotti, Fabrizi, uno Spagnuolo, l'avvocato Mordini, io stesso in qualità di rappresentante dell'avvocato Galletti, ed alcuni altri. Lo Spagnuolo rappresentava un comitato repubblicano della Spagna, ed offrì i soccorsi del suo partito per la causa italiana. Fu accettato, ed ebbero luogo da ambe le parti dei discorsi eloquenti. Il congresso non aveva colore repubblicano.
      Nell'inverno del 1847 partì per la Sicilia Giuseppe La-Masa coll'intento di dare indirizzo alla insurrezione: da Palermo scrisse che la "merce" sarebbe stata venduta il 12 gennaio; e lo fu. La rivoluzione scoppiò nel giorno indicato.


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Memorie Politiche
di Felice Orsini
pagine 371

   





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