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      Gli uffiziali veneti ebbero il governo della marina, e non vennero meno, tanto nell'ordinamento di essa, come nei conflitti col nemico, a quell'alta riputazione militare, che rimarrà sempre eterna negli annali italiani.
      Al potere civile e politico pose direzione il Manin, facendo con mano ferma che tutti gli ordini, e di lui, e del comando militare, fossero rispettati e obbediti; che non s'introducessero disordini di alcuna sorta nell'amministrazione; che la sicurezza personale fosse dovunque in vigore; che i circoli popolari, i quali altrove avevano creato un nuovo stato nello stato, si tacessero, o le loro mene paralizzate fossero; infine, che venisse impedito il segreto e tenebroso maneggio delle società segrete, delle sêtte, che pure non si sa con quale scopo osavano alzare la testa.
      In que' supremi momenti tutto dovea concorrere alla salvezza della patria, a rivendicare l'onore nazionale oscurato nella prima campagna, a combattere l'inimico: così fu, e gli eventi posteriori stanno ad incancellabile esempio di quel che possano la saviezza italiana, il valore e la fermezza di un popolo, che non s'è lasciato andare alle intemperanze ciarliere o fantastiche.
      Se da questo lato sorgeva una speranza per la libertà italiana, in quasi tutto il rimanente d'Italia era il contrario: la reazione, trionfante a Napoli, vinceva nel settembre anche a Messina; nello Stato Romano si disarmavano i volontari e s'indietreggiava in tutta fretta; in Toscana facevasi sordamente altrettanto; in Piemonte l'aristocrazia e le gesuitiche influenze si studiavano di volgere la testa del re, acciocché gli passassero le velleità di nuova guerra.


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Memorie Politiche
di Felice Orsini
pagine 371

   





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