In mezzo a tutto questo, chi stava al potere? i moderati, i ciarlieri, vecchi rinnegati, i poeti. Vedevansi però i Farini, i Lovatelli, capi delle cospirazioni del 1843 e dei moti del 45, or deputati, ora governatori ed intimi segretari dei cardinali; vedevansi alle Camere gli avvocati, che andavano in voce di liberali, e non erano nel fondo dell'anima che retrivi, i quali se la passavano lietamente, perché dischiuso il campo alla loro eloquenza.
Quanto a Firenze, Guerrazzi, Montanelli, ed altri poeti, recavano a poco a poco la somma delle cose governative nelle loro mani.
Così si andava addietro, poiché i moderati, non dandosi cura delle quistioni vitali, e avendo dismesso il principio della causa italiana, lasciavano le masse nella indifferenza; e quando volgevano le cure verso di queste, egli era per molestarle a cagione dei principî repubblicani, che levavano alto la testa.
E questa piega di sorda reazione aveva preso radice nel rimanente di Europa. Trucidati i repubblicani in Parigi a migliaia, l'influenza di Montalembert ebbe il potere: il gesuitismo e la reazione la vinsero sull'inettitudine degli uomini del governo provvisorio, sulla incapacità del poeta Lamartine.
A Praga, a Vienna, a Berlino, disarmati i cittadini, moschettati i principali liberali, il dispotismo in trionfo.
Ma sul Tevere nuovi casi. Rossi pugnalato; rimostranze popolari armata mano; gli avvocati, i moderati dell'Assemblea, con inaudito esempio di viltà, non si dànno pensiero della cosa pubblica; se ne tornano repente alle lor case in provincia.
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