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      Venne la repubblica, e si proseguiva nelle uccisioni colla stessa furia. Questo male si estese anche di più; prese proporzioni gigantesche: da vendette politiche trascorse ad oggetti più ignobili: talché in alcune provincie non vi aveva più sicurezza personale. Il governo repubblicano, che, per togliere adito allo sfogo di vendette politiche, avrebbe per legge dovuto prendere delle misure severe contro i reazionarî, e coloro che macchinavano a danno del nuovo ordine di cose, lasciò fare: e volle dar mano ai rimedî, quando era assai difficile. Spedì due commissari per reprimere i delitti: questi vennero a transazione cogli autori degli omicidî. Si credette allora di dover mandare me: così fu, e nelle istruzioni di Mazzini si ebbe ricorso allo stato d'assedio; formole del vecchio dispotismo, che non si sarebbero mai dovute usare. Accettato l'incarico, data la mia parola d'onore di eseguire gli ordini del Triumvirato, lo feci, e i miei sforzi furono coronati di felice successo.
      Compiuta la missione di Ancona, che mi portò disturbi non piccoli, giacché si tentò di togliermi proditoriamente la vita, per la energia dimostrata, il Triumvirato mi volle spedito nella provincia di Ascoli, dove era necessario di poteri illimitati e di forza non comune per reprimere il brigantaggio, suscitato alle frontiere napolitane da preti e monsignori. Assunsi il comando civile e militare della provincia, e dopo vari combattimenti, fu forza, caduta Ancona, di cedere e capitolare.
      Era mia intenzione di ritirarmi e condurre le truppe a Roma: questo progetto, che richiedeva certo audacia e fatiche, non volle seguitarsi dagli uffiziali sotto i miei ordini.


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Memorie Politiche
di Felice Orsini
pagine 371

   





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