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      Vennero perciò a capitolazione cogli Austriaci nella piccola città di Fara: ed io, non avendone voluto far parte, men dipartii incognito dopo l'entrata del nemico, e potei, superate alcune difficoltà, entrare in Roma.
      Alla fine, dopo tratti di un eroismo che ricordava i tempi antichi, dopo aver perduto il fiore della gioventù italiana mitragliata sugli spalti dell'eterna città, dopo prodezze inaudite dei generali Garibaldi, Roselli, dei colonnelli Manara, Medici, Calandrelli, e di molti altri uffiziali superiori, il 3 luglio fu decretata impossibile la resistenza. Mazzini rassegnò il suo potere; i suoi due colleghi fecero altrettanto. Garibaldi gettossi ai monti con quattro o cinquemila soldati che il vollero seguire; i Francesi entrarono; l'Assemblea romana dispersa; i patrioti disarmati; i migliori e i più compromessi in esiglio; Roma in lutto.
      Noi perdemmo: ma sotto la nostra caduta sta celato un gran fatto morale, le cui conseguenze si faranno ben presto sentire: voglio dire del papato, di questo vieto carcame, che osa ancora pretendere di aver a sua disposizione le chiavi del paradiso; di questo essere, che ha seminato la discordia, la diffidenza, e lo scandalo dovunque s'è intromesso; di questa istituzione, che ha acceso i roghi dell'Inquisizione, sparso il sangue degli Ugonotti a Parigi, dato mano ad ogni specie di dispotismo; di questo vilissimo dispensatore d'imperiali e regali corone, portatoci sul collo e tenutoci dall'armi del traditore che regge oggi la Francia.
      Sì, il papato è caduto moralmente, e per sempre!


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Memorie Politiche
di Felice Orsini
pagine 371

   





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