A queste parole trasse un sospiro, e atteggiato a tristezza, rispose:
Poveri Italiani! Quanti tentativi non fanno eglino mai, e sempre inutilmente!
Stette silenzioso alcuni momenti, e riprese così:
Quanto mai amerei di conoscere Mazzini, Kossuth e Celsi!
Davvero?
soggiunsi io.
Sì, moltissimorispose con forza.
A questo mi balenò in mente, che m'avrebbe potuto essere di non lieve vantaggio nell'indicarmi una guida; e con quella cieca fiducia, che ebbi sempre negli istanti di pericolo, dissi:
Desiderate conoscere quei signori per vanità, ovvero per interesse alla causa che servono?
Per la causarispose egli; "anch'io sono patriota e repubblicano."
Or bene, io sono Tito Celsi, fuggito poche ore fa dai gendarmi in St-Moritz. Se voi volete farmi arrestare, sta in vostro potere, ma voi nol farete: il vostro volto è l'espressione dell'onestà e della generosità; siete giovane e svizzero; e la gioventù ha raramente durezza di cuore, o pensieri gretti e traditori. Abbisogno di una guida, e voi potete procurarmela, se volete.
Il giovane Svizzero mi guardava fisamente, e in atto di molta sorpresa; alle ultime parole mi prese per la mano, me la strinse fortemente, e conobbi che aveva in lui un amico.
Prendemmo alcun cibo in fretta, c'intertenemmo sottovoce, e ci ritirammo in camera: volle che mi coricassi, e disse:
Domani alle tre verrò a svegliarvi colla guida; voi a nulla pensate; stanotte vi farò da sentinella
.
Indi prese congedo augurandomi la buona notte.
Quantunque io sentissi, che quel giovane non mi avrebbe certamente tradito, me ne stetti nondimeno sempre all'erta, e non chiusi, per così dire, un occhio.
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