Pratico del mare, me ne stava disteso nella mia cabina, quando ad un tratto mi vidi accostare da una faccia brutta, e di ben sinistro aspetto. Teneva un libriccino nelle mani, e si raccomandava l'anima; e per non ispendere un fiorino, necessario a pagarsi da chi fa uso del letto, stavasi seduto sulla panca, che gira attorno al salone dei bastimenti da viaggio, cosicché di tratto in tratto, a seconda delle forti ondulazioni e scosse del vapore, sbalzava sul piano e contro la tavola del mezzo. Il vedere costui, il sentirmi un brivido per la vita e l'avere tristi presentimenti, ei fu tutt'uno.
Potei fissarlo, e lo riconobbi: egli era certo Moisè Formiggini, ebreo di Modena, da me conosciuto per caso in Bologna nel 1848.
Giunti a Trieste, s'ebbe molto a fare per metter piede a terra: ci trovammo nello stesso battello di trasporto, e si offrì opportunità di scambiare qualche parola insieme. Nel prendere i nostri effetti di viaggio, ei si diresse a me così:
La sua fisionomia non mi giunge nuova, signore
.
Possibilerisposi.
Parmi di averla veduta a Bologna
soggiunse l'ebreo.
Possibile,
ripetei "perché ero uffiziale nei reggimenti svizzeri al servizio del papa."
Oh! guardadiss'egli in atto di meraviglia e spalancando la bocca, che faceva vedere due filari di nerissimi denti. Al che gli volsi le spalle, e tirai dritto pel mio cammino.
Sulla fine di ottobre mi trovai in Vienna. Ivi feci alcune conoscenze; recaimi a vedere ciò che vi era di bello nella città; visitai i monumenti degli scultori, tra' quali uno bellissimo di Canova nella chiesa degli Agostiniani, se non erro.
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