Quando la guardia carceraria mi comunicò l'ordine di essere messo a pane ed acqua, fece gli occhi rossi e si commosse: un dì tra gli altri, chiusa ch'ebbe la porta dietro di sé, trasse di sotto a' panni una boccetta di vino e del pane; me l'offrì: stetti muto alcuni secondi, e guardato bene in viso codest'uomo generoso gli dissi in tedesco:
Ma io non posso pagarvi; il commissario me lo divieta
.
Das ist nichts, mein Herr
rispose quegli: Ciò non fa niente.
Mi prese per le mani e se ne uscì.
Il 4 gennaio del 1855 fui condotto dinanzi al solito commissario: vi trovai un caporale dei gendarmi. Mi si disse che nel mattino sarei partito per Vienna; si riscontrarono i miei effetti, e se ne diede la consegna al caporale, che li notò in un foglio insieme ai miei connotati personali. Quindi il commissario in cattivo francese mi richiese di scusa pel trattamento usato verso di me, e disse:
Vorrei bene ch'ella fosse persuasa, non essere io che un semplice esecutore dei superiori comandi
.
Allora gli domandai quali ordini vi fossero da Vienna.
Rigorosissimisoggiunse.
Poscia significò al caporale, che durante il viaggio mi avesse dato un fiorino da spendere nel vitto.
L'Ungarese, che mi era stato compagno, mi doveva del danaro: chiesi di vederlo, non fu concesso. Conobbi che lo si avea arrestato pel solo motivo di essere in mia compagnia. Tutti questi rigori diedermi fortemente a pensare; incominciai a sospettare, che alcun che di grave pesasse sul mio capo.
Alle sei antimeridiane del 5 fui consegnato ai gendarmi, e messo in un carro scoperto con suvvi della paglia: indi mi s'incatenarono le mani.
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Herr Vienna Vienna Ungarese
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