Io era senza cravatta, scoperto il capo, ed aveva i panni sudici oltre ogni credere. Al vedermi ei disse:
Ella non è svizzero, bensì italiano, e pertinente a buona famiglia: sono vent'anni che sto nella sezione politica degli stranieri, e conosco a prima vista i tipi delle varie nazioni. L'impiegato, che le rilasciò la carta di sicurezza, è buono, fedele ed esatto, ma manca di esperienza: se vi fossi stato io, ella non mi avrebbe ingannato, e non si troverebbe forse qui: io conosco il suo casato; è inutile tacere la verità
.
Risposi che l'avrei detta. Quindi guardandomi fisamente, mi chiese se avevo biancheria, e me ne offerì: lo ringraziai dicendo, che i miei effetti stavano in mano delle guardie carcerarie. Gli richiesi di mettermi solo: pel che fece venire a sé l'ispettore della Polizei-Hause; non potei ottenerlo, perché contrario agli statuti carcerari. Mi ripeté che s'aspettava da me la esposizione del vero, e dipartissene. Egli era il capo della sezione politica degli stranieri.
Il giorno appresso, nello stesso locale, incominciarono gl'interrogatorî: l'impiegato, che mi aveva dato la carta di soggiorno in Vienna, faceva da segretario.
N'ebbi tre lunghissimi: non riposando sopra questi la vera importanza de' fatti che sto narrando, ne riferisco solo la sostanza, per non andare in lungaggini del tutto inutili.
Affermai non essere mai stato prigione, o a guisa di malfattore incatenato e trascinato sur un carro; dissi, che per onore de' miei vecchi genitori e per riguardo dovuto a me stesso, non voleva manifestare il mio vero nome; che per domestiche amarezze aveva lasciato la Toscana, mia patria, e m'era condotto con passaporto svizzero a prendere servizio nell'armata austriaca; che ove fossi venuto meno alle leggi dell'impero, mi si punisse come meglio piacesse; ove no, mi si lasciasse libero, o mi si facesse tradurre ai confini.
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