Tornato innanzi al consigliere Alborghetti posi fine alla mia narrazione, protestai di non voler essere consegnato alle autorità papali, nel qual caso domandavo di essere fucilato in Austria. Chiestami la ragione di ciò, dissi che il governo papale avrebbe usato ogni maniera di bassezze e di crudeltà per vendicarsi di ciò che avevo operato contro di lui.
Nel mio racconto tacqui dei tentativi rivoluzionarî di Sarzana, ecc.; mi limitai al necessario, cui eglino stessi avrebbero potuto verificare. Del rimanente, non si usarono mai minacce o dimande suggestive. Dettai ad alta voce, e lo dichiarai nell'apporre la mia firma alla fine de' costituti.
Da tutto l'insieme mi persuasi che nulla e poi nulla sapevasi intorno alla missione disimpegnata in Lombardia. Pochi giorni dopo mi presero febbri e reumatismi: chiesi del medico; fu promesso: non venne mai; finii per non prendere cibo di sorta; contrassi un continuo tremito, e poteva a mala pena reggermi in piedi. Vedendo che la cosa andava in lungo pensava già di finire ivi i miei giorni.
Un bel mattino, ai 20 incirca di marzo, l'ispettore in capo delle carceri si recò nella segreta e fecemi levare dicendo: "Siete lasciato in libertà; presto, su via». Mi alzai, e lo seguii; discendendo le scale dissi:
Questo è impossibile; dovrei veder prima il consigliere Alborghetti
. Ei non rispose: giunti presso il suo ufficio, eranvi due commissari di polizia, alla cui presenza venne ripetuta la cerimonia di denudarmi. Si esaminarono le cuciture perfino degli abiti e delle calze; poscia mi si ricondusse in segreta: ivi due commissari di polizia avevano fatto una rigorosissima perquisizione nel mio paglione.
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