risposi.
Pel movimento di Milano del 6 febbraio dove si trovava?
In Genova.
Non vi prese parte diretta o indiretta?
Signor no.
E Mazzini dov'era?
Non so.
Egli è l'uomo dall'ideasoggiunse; "noi temiamo più gli uomini di arme, come Garibaldi, che lui... Ma perché mai è ella venuto in Austria?"
Forti spiacenze di famiglia mi hanno persuaso di andarmene assai lungi, e di recarmi alla guerra d'Oriente, colla speranza di terminare una vita divenutami di peso.
Oh!
guardandomi in viso, riprese egli; "avrebbe forse delle idee di suicidio?"
Qualche volta ne fui assalito; le dirò, anzi, che aveva del veleno, che mi è stato tolto in una perquisizione.
A questo, tanto egli che i gendarmi mi fissarono attentamente; poi si cambiò argomento.
Un'altra volta, parlando dello Spielberg, gli domandai se le Prigioni di Silvio Pellico erano proibite.
No di certorispose egli; "Silvio Pellico non fa che esporre la verità."
Indi, toccando dell'Italia, fece intendere essere la causa della indipendenza ben giusta, ma che era inutile tentare una rivoluzione contro chi dispone di 600.000 baionette. A tali parole stetti muto.
A Verona sostammo un due ore pel treno che conduce a Mantova; questo venuto, ripartimmo.
Pervenuti alla stazione, salimmo una vettura e scendemmo nel piazzale detto delle Gallette, ossia corte del palazzo Gonzaga. Essendomisi soprammodo gonfiate nel viaggio le gambe, i gendarmi mi reggevano per le ascelle.
Scoccavano le undici e mezza di sera; il tempo era cattivo; un solo lampione mandava pallidissima luce, i cui getti lasciavano vedere le viete forme del castello: del rimanente, oscurità e silenzio, interrotto soltanto da qualche buffo di vento, e dalla pioggia che gocciolava sul lastricato.
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