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      La Corte Speciale di Giustizia non ammetteva difesa: i tre consiglieri erano nello stesso tempo processanti, difensori, procuratori fiscali e giudici.
      Durante la compilazione del processo, la Corte Speciale inviava gli interrogatorî al Comando generale militare delle provincie lombardo-venete, residente in Verona, ad una commissione di revisione stanziata a Venezia, e al ministro di grazia e giustizia a Vienna. Le carte andavano e tornavano da più volte con commenti, e talvolta con indicazioni di maggior rigore: per siffatta guisa, oltre alle lungaggini usate per venire in chiaro dei più minuti particolari, facevasi languire il prigioniero per due o tre anni nelle carceri. Presso al chiudersi del processo, lo si avvertiva tre giorni prima, dicendogli che preparasse per sé medesimo le sue difese: quindi il tribunale si radunava in segreta consulta, e pronunziava la sentenza definitiva, la quale passava a Venezia, a Verona ed a Vienna. Veniva di poi rimandata colle modificazioni fattevi, intimata, e il detenuto spedito all'altro mondo o alle galere.
      Allorché si ha ad eseguire una sentenza di morte, il ministro di giustizia consulta prima il comandante generale militare delle provincie lombardo-venete. Se queste, politicamente parlando, son quiete, se ne differisce la esecuzione; se invece havvi fermento, e che si creda buono un qualche esempio, si manda subito il prigioniero al capestro.
      Onde non venir meno all'alta fiducia del governo, la Corte Speciale incominciò i suoi atti in una maniera molto semplice, cioè con cinque sentenze di morte: le quali tornarono da Vienna colla esecuzione per Calvi, e colla commutazione di pena alla galera di dodici e venti anni per gli altri.


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Memorie Politiche
di Felice Orsini
pagine 371

   





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