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      Alla fine dei conti,
      rispose egli "sono pronto a tutto: io non farò mai vedere delle umiltà; accetterò ogni cosa con animo sereno."
      Quanto a me,
      ripresi io "non mi aspetto condanne a tempo: ne ho avute altra volta; ora si tratta della vita, e m'impiccano. I giudici stessi non fanno misteri, e mi dicono non esservi speranza che in una grazia speciale dell'imperatore: figurati un po' cosa ho da attendere di buono da costui. Non so se tu sappia ch'egli era il beniamino di Francesco I, il quale lo teneva sempre sulle ginocchia, gli dettava i suoi principî, e soleva dire: 'In questo fanciullo sono riposti il lustro e la grandezza della nostra casa imperiale e dell'Austria tutta: egli si mostra facile ai miei precetti, egli mi rassomiglia in tutto e per tutto'. Tali cose seppi a Vienna, e parmi che in fatto di esecuzioni di morte l'imperatorino non indietreggi a confermarle. Haynau, Radetzky, Giulay, Benedeck sono i suoi favoriti; e Arad, e Pesth, e tutta l'Italia sanno pur troppo quali siano i suoi tratti di clemenza: corda e poi corda."
      Indi diedi in una risata. Calvi rispose dicendo:
      No, no: non si eseguiscono più condanne di morte; ed io spero di poterti riabbracciare nel luogo, ove saremo cacciati a scontare la nostra pena
      .
      Non m'illudo, caro Calvi,
      seguitavo dicendo "sono pratico di tali faccende; mi trovo troppo impasticciato: le sole istruzioni autografe valgono a mandarmi al patibolo; e ne sono così persuaso, che durante gl'interrogatorî ho consegnato ai giudici del veleno ch'io possedeva, dicendo che sarei andato alla morte con fermezza e che non avrei mai commessa la viltà di uccidermi per isfuggire al capestro austriaco.


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Memorie Politiche
di Felice Orsini
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