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      Io stesso ho tremato al pensarvi.
      Venuto il mattino del 2 luglio 1855, Casati si recò da Calvi verso le sei e mezza, e lo pregò di levarsi.
      Che havvi di nuovo?
      disse il prigioniero; "è venuta forse la sentenza?"
      Non sorispose il custode.
      Si levò, e fu condotto nella residenza della Corte Speciale di Giustizia; Casati lo accompagnò coi secondini e due soldati di linea. Eravi il presidente. Gli fu letta la sentenza di morte da eseguirsi il mattino del 4. Calvi ascoltò tutto col più grande sangue freddo. Finita quella lettura, disse:
      Bene, benissimo
      .
      Gli fu chiesto, se voleva ricorrere alla clemenza sovrana per grazia; rispose:
      No, odierò gli Austriaci sino all'estremo di mia vita
      .
      Dopo di che venne condotto nella sua segreta, dove, invece de' suoi compagni, trovò un sacerdote, e due guardie, che nol lasciarono mai.
      Mi si è accertato da persone, che potevano saperlo, che il rescritto di grazia era già pronto, qualora Calvi l'avesse chiesta. Posto ciò per vero, egli è un nuovo modo inventato dall'Austria, per umiliare e perdere gli uomini di carattere in faccia al partito, e per far mostra nello stesso tempo di clemenza; essa fa la grazia, ma vuole che si domandi: se il prigioniero cade nel laccio, salva sì la vita, ma essa lo deride, lo insulta, lo umilia, tanto nella sentenza e nel rescritto che si pubblica, come nei commenti che si fanno fare dalle gazzette officiali. Se il sentenziato invece non domanda la grazia, l'Austria dice: "Il governo è clemente; la grazia era pronta; ma l'accusato volle fare da pazzo, da ostinato; volle la morte: se l'ebbe; non merita compassione".


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Memorie Politiche
di Felice Orsini
pagine 371

   





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