Il carnefice gli passò la corda al collo, attaccò questa a un rampino di ferro che stava nella colonna, gliela passò tra le gambe e i piedi, e gli legò le mani. Questo compiuto, monsignor Martini si avvicinò al paziente: si baciarono entrambi più volte, indi si ritrasse, e Calvi disse:
Sono pronto
.
La tavola fuggì tosto di sotto ai piedi del paziente, e la corda fu tirata dall'aiutante del carnefice. Il colonnello Fortunato Calvi non era più. Stette esposto sino alla calata del sole, poi staccato dal patibolo, e gettato come un cane in una fossa scavata dal boia. Ecco come morì uno dei nostri migliori patrioti.
Egli era alto della persona e di belle forme: toccava il trentesimosettimo anno di sua età: ardito, virtuoso e modesto, di molta istruzione fornito, esperto militare, ottimo figlio di famiglia, di alti e generosi sentimenti, amantissimo dell'Italia, per la cui libertà e indipendenza sacrificò quiete e vita.
Una parola intorno al barone Corasciuti.
All'esecuzione delle sentenze di morte debbe essere presente un impiegato del governo per farne il processo verbale. Per Calvi spettava al Madella, segretario del giudice Picker: egli ricusò costantemente. Allora il Corasciuti si offrì gentilmente, senza esserne stato richiesto. Costui, di Trieste, se non erro, mostra avere un ventinove anni: è di statura media, gracile, e di capelli tendenti al nero; occhi scuri e non vivaci, due baffi ritti, bene appuntati e unti; il viso ha lungo e di color olivastro; quando ride, la bocca gli giunge quasi alle orecchie, e mostra due filari di denti bianchi sì, ma irregolari.
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