Nel che m'illudevo; dopo lunga prigionia, dopo essere stato malato, la debolezza è troppo grande, e si possono appena fare due o tre miglia a piedi. So questo per prova.
Me ne stava pronto nulladimeno a qualunque evenienza, e colle guardie dava segno di moltissima docilità e umiltà; solevo dire: "Adesso me la godo con un po' di buon vino, giacché fra sei mesi mi si allunga il collo. Verrà il momento senza che me ne accorga: avrò finito il mio libro, e dopo quarantott'ore di preparazione volerò in cielo: queste benedette quarantott'ore non saranno poi tanto lunghe; beviamo". E facevo bere i secondini, i quali incominciavano a prendersi la libertà di rimanere nelle segrete anche un quarto d'ora.
Si beveva alla salute reciproca; i secondini dicevano:
Che uomo educato che è mai lei! noi non ne abbiamo mai veduto uno simile, né meno Calvi; lei non si lamenta mai e poi mai
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Cosa volete?
ripigliavo io "bisogna prendere le cose come vengono: beviamo un altro bicchiere di vino: allez, alla salute delle vostre famiglie, alla salute delle vostre donne, e delle vostre amorose, caro Giatti..." E si toccavano insieme i bicchieri. Indi con bel modo diceva: "Quante sentinelle vi sono qui... in giro?"
Ed eglino me lo dicevano.
Che vi è tutto all'intorno?
Una grande fossarispondevano.
Poi cambiavo subito proposito, dicendo:
Prima di essere impiccato io voglio fare testamento; lascerò tutti i miei abiti a voi altri, ecc.
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Al che rispondevano:
Che grand'uomo che è lei mai! che peccato che abbia a morire!
Un altro giorno li interrogava intorno al lago che circonda Mantova, ai forti che vi sono, alle porte della città, e all'ora in cui si chiudevano: poi interrompeva la conversazione, e domandava di vedere i ricordi, che avevano avuto dagli impiccati del 1852, e da Calvi: e' possedevano delle sottovesti, degli abiti e dei fazzoletti.
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Calvi Giatti Mantova Calvi
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