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      Dopo due ore fui condotto nella residenza del presidente: egli mi chiese qual fosse il vero motivo che m'induceva ad andar solo; confermai quanto aveva scritto. Ma gli feci osservare che, mancato l'oggetto, quale era quello di aver luce, egli mi poteva lasciare al numero 9. Poi venni sul pregarlo di mettermi ov'erano stati Tazzoli e Speri. Mi rispose:
      Quella segreta poteva essere sicura per quei due, ma per lei no: noi conosciamo bene i suoi antecedenti; e s'ella ci dovesse fuggire, il governo ci acciufferebbe tutti, incominciando da me; poiché ci accuserebbe di non averlo racchiuso in una buona segreta. Dunque la non può muoversi dal n. 4
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      Allora gli domandai:
      Che dice della sentenza di morte, che sta per pronunziarsi a carico mio? Si eseguirà, o no?
      Ella è uomo,
      rispose "e non un ragazzo: vedo che sa prendere le cose da politico; non voglio quindi illuderla; forse si eseguirà, e forse no; non le posso dire altro."
      Quindi me ne tornai in segreta senza pure la speranza di salvarmi.
      CAPITOLO NONO
     
      Quantunque i secondini non si mostrassero inchinevoli a favorirmi per quanto risguardava l'esterno, non mi tolsi già d'animo; e sino da quando v'era Casati, il cui rigore, siccome vedemmo, passava ogni confine, si conobbe dai miei amici dimoranti fuori d'Italia il mio stato, la sostanza del processo, e ciò che mi faceva d'uopo. Ma come mai avvenne tutto questo? Ho l'orgoglio di dire che l'Austria nol saprà. La sua polizia conosce moltissimi mezzi di cospirazione, ma non tutti; però, ove anche ciò fosse, questa volta sarebbe stata ingannata a dovere.


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Memorie Politiche
di Felice Orsini
pagine 371

   





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