Quando m'accorsi che il filo più non iscorreva, gli dava delle tirate, e le noci sbalzavano da terra e ricadevano battendo tra loro: convinto che erano al basso, le tirai su, e misurai il filo sul tavolino; faceva ventinove volte e mezzo una misura, che giudicai essere un metro di lunghezza; cosicché questa era appunto l'altezza della finestra dal piano della fossa. Dopo nuovi esperimenti, segnai la misura nel tavolino, e distrussi il filo.
L'altezza m'impose. Senza nulla decidere di positivo, mi diedi ad altre ricognizioni: la mia segreta era lunga sei passi, larga quattro, e con porta semplice, talché il più lieve scalpiccio, o tossire, o fregare a terra, si sentiva da me, se veniva dal lato esterno, e molto più l'avrebbero udito i secondini, se accadeva entro la mia segreta, ove i suoni non avevano campo, per ragione fisica, di perdersi celermente al di fuori. Ciò mi dava molto a pensare.
La porta era rimpetto alla finestra: cosa di gravissimo inconveniente, perché i secondini venendo dentro davano un'occhiata alla seconda, e qualunque alterazione o taglio delle sbarre si sarebbe fatto vedere contro la luce; oltre a questo avrei potuto esser sorpreso con molta facilità mentre lavoravo, essendoché di giorno usavano di quando in quando i secondini di venire in punta di piedi ad ascoltare alle porte, e tutto a un tratto di aprirle e sorprendere il prigioniero: cosa che loro riusciva molto di leggieri, perché i catenacci si tenevano ben unti, e di giorno un solo chiudevasi: nella notte poi tutti lo erano indistintamente.
| |
|