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      Pensai di farlo nel giorno, ma sorgeva un nuovo inconveniente. I secondini quasi ad ogni ora, o per un oggetto o per un altro, venivano nelle segrete dei prigionieri; sicché non avevo quiete.
      Per due o tre giorni stetti sempre coll'orecchio alla porta, onde abituarmi a udire il più lieve moto, che fosse venuto dall'andito: feci altrettanto stando ritto sulla spalliera della sedia, e poggiato col destro orecchio alla sbarra, e il sinistro dal lato della porta. Incominciai così ad accostumare il mio organo acustico al massimo grado di sensazione: un sospiro, per così dire, di un secondino non mi sfuggiva.
      Un'altra avvertenza io m'ebbi: dopo che fui messo al numero 9 non vidi mai visitare i ferri; lo stesso si fece nei primi giorni che fui messo al numero 4; la fiducia era giunta al colmo: quel mio far dolce, quel non lamentarmi mai di alcuna cosa, quei bicchieri di vino dati a tempo, le promesse fatte, che alla intimazione della sentenza avrei lasciato tutti i miei abiti, e qualche libro di valore ai secondini, avevano prodotto l'effetto, che m'era ripromesso.
      Poteva starmene, per così dire, nella certezza, che non si sarebbero visitati i ferri; ma l'esperienza di tante cose m'aveva insegnato, che non bisogna mai addormentarsi, o fidarsi di troppo.
      Venni adunque sull'interrogare i secondini assai destramente, e a più riprese, del perché fossero meco sì incuranti.
      Un dì fra gli altri parlai col più cattivo, con Giatti, e gli dissi:
      Che vuol dire, che quando io era al numero 3 ci visitavano ogni giorno i ferri, e adesso no?


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Memorie Politiche
di Felice Orsini
pagine 371

   





Giatti