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      Perché allora non si conosceva a fondo la sua persona.
      Sta beneio risposi; "ma sono gravatissimo nel processo, e bisogna stare attenti che io non fugga."
      Ah! il signor Orsini è un grand'uomo, egli non fugge, non ha paura di morire: e poi l'è impossibile, guardi un poco quei ferri; e poi, e poi lei è una persona educata.
      E cosa fateripigliava io "di quella scaletta, che è lì fuori della porta?"
      L'è appunto per salire a visitare la finestra.
      Ma non lo fate mai?
      soggiunsi.
      Lo facciamo coi barabba
      (termine che si dà dai Lombardi alla gente trista), "ma con lei..., ma le pare...; sarebbe un torto che le faremmo."
      Qua, datemi un bacio, caro Giatti,
      diss'io "poiché vedo che mi stimate; portate un bicchierino di acquavite, e beviamo alla nostra salute, e alla salute di tutti i secondini."
      Mo', sì, signorerispose egli; mi abbracciò, mi baciò, e dopo bevemmo.
      Com'ebbe egli bevuto, mandò gli altri, e ciascuno a sua volta trincò con me allegramente, ripetendo sempre:
      Oh che grand'uomo! Oh che grand'uomo!
      Nelle prigioni, per chi ha mezzi, è permesso di bere il mattino un solo bicchiere di acquavite per rompere l'aria mefitica, ma i custodi e i secondini sono uomini: fanno pagare il doppio, e bevono per niente: ecco spiegato tutto.
      Ormai certo della trascuranza del servizio, mi armai di una costanza a tutta prova.
      Preparai della cera impastata con polvere di mattone e di carbone, e imitai così il colore del ferro ossidato: con questa chiudeva i tagli delle sbarre.
      Ebbi oltre a ciò delle altre precauzioni, che sembreranno ridicole all'apparenza, ma nel fatto, di non lieve giovamento.


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Memorie Politiche
di Felice Orsini
pagine 371

   





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