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      Terminata che ebbi una breve cura per togliermi di dosso le febbri intermittenti, e vedendo ché nulla di nuovo accadeva in Italia, pensai di lasciare la Svizzera; e verso la metà di maggio traversai la Francia con nome fittizio, e nel 26 dello stesso mese posi piede in Inghilterra.
      CAPITOLO DODICESIMO
     
      Giunto in Londra mi recai subito da Mazzini: mi accolse con molta gioia; mi pose a parte di alcuni progetti falliti, e di altri in procinto di eseguirsi: disse che attendeva di giorno in giorno la notizia, che in Genova tutto era pronto per tentarvi un movimento; che, avutala, sarebbe partito immantinente per quella città. Facendo io qualche meraviglia intorno al luogo scelto per l'azione, ei mi assicurò che non trattavasi di combattere il governo costituzionale del Piemonte, ma sibbene d'impadronirsi degli elementi militari, che sono in Genova, e di spingerlo alla guerra contro l'Austria.
      Nulla risposi dal lato mio alle spiegazioni; notai bensì, che i combattimenti necessarî per impadronirsi di Genova portavano il principio di una guerra civile, che a tutti i costi bisognava evitare.
      Egli aggiunse:
      «Non andrà né manco un colpo di fucile; le truppe sono pronte, a quanto mi si scrive, di lasciare i forti senza resistenza".
      Gli feci osservare, che non doveva fidarsi troppo delle relazioni che gli venivano dal di fuori; ed aggiungevo, che in qualunque impresa ch'ei pensasse d'effettuare, bisognava riuscire assolutamente.
      Pochi dì dopo mi trovai con esso a pranzo dalla famiglia dei signori Cranfort.


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Memorie Politiche
di Felice Orsini
pagine 371

   





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