In quest'occasione Mazzini mi diede il primo l'idea di fare una breve narrazione intorno alla mia evasione, intitolandola: Quindici mesi di prigione austriaca.
I miei amici di Genova mi avevano suggerito di scrivere delle memorie; preferii il pensiero tuttavia di lui, perché più adattato all'opportunità.
Così feci, e somministrai le note necessarie pel libretto: Austrian dungeons in Italy.
In Londra seppi, che una commissione di consiglieri fu spedita immantinente da Verona e da Vienna in Mantova, onde esaminare il come io avessi potuto evadere.
Per ordine di questa furono messi agli arresti i secondini, compreso il custode. Ella sottomise ad esami regolari i membri della Corte Speciale di Giustizia, e per ultime risultanze decretò:
1°) la rimozione del presidente Vicentini (credo fosse anche destituito da qualunque altro impiego);
2°) la condanna, per mancata denunzia, a tre anni di carcere duro, di que' due uomini, i quali si rifiutarono di soccorrermi all'inchiesta che lor feci, quando mi trovava nella fossa.
Per ispiegare il qual fatto è a sapersi, che costoro, dopo la mia evasione, andarono spacciando per Mantova di avermi veduto e rifiutato il soccorso. La polizia li arrestò dicendo, che lor dovere quello era di denunziarmi subito al vicino corpo di guardia.
3°) la condanna a otto anni di carcere duro di Frizzi mantovano, guardia carceraria, che serviva in tal qualità da vent'anni.
Qual n'era il titolo o l'accusa? Di avermi cambiato del danaro: su di che è mestieri che io venga esponendo la nuda verità, acciocché veda il governo austriaco, se merita conto di tenere un padre di famiglia a languire per semplice imbecillità.
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