Trascorsi alcuni giorni, mi recai da Mazzini: era partito, lasciando un vigliettino per me, ove diceva: "Conto su te".
In seguito alla conversazione avuta con lui, ritenni che fosse andato a Genova pel movimento ideato. Tuttodì si aspettava qualche cosa: sentimmo invece il passaggio nel Ducato di Modena dal lato di Sarzana di sessanta individui, l'apatia degli abitanti di Massa e Carrara, le recriminazioni dei varî partiti, e la spedizione di trenta giovani sulle sponde toscane presso Orbitello, la quale finì coll'arresto di loro.
Alcune conoscenze, che avevo in Inghilterra, mostrarono non dubbî segni della loro simpatia ed amicizia pe' miei casi; lo stesso fu per parte di Kossuth, che trattommi qual si conviene ad un fratello.
Quanto agli Italiani, amici e nemici, fecero meco le meraviglie.
Furonvi poi i ciarloni e gl'invidiosi, dei quali purtroppo vi è dovizia tra i fuorusciti. Costoro, se mi erano indifferenti prima della evasione, divennero nemici poscia, per la sola ragione, che la stampa inglese parlava con vantaggio delle mie avventure, e che la pubblica opinione mi mostrava grande simpatia. E la cosa andò tant'oltre, che alcuni miserabili osarono fino a dire, ch'io m'era uscito quietamente per la porta del castello di concerto coll'Austria.
Io non prendevo nota di codesti andari; ma sapendo che eglino pur si aggiravano tra la emigrazione, bene accolti e stimati come liberali, diceva meco stesso:
E voglionsi degni di libertà? Costoro, mossi dalle più basse passioni, saranno capaci di viversela quieti sotto un reggimento, che deve prender norma dalla moralità, dalla pubblica opinione, dal rispetto e amore reciproco?
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