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      Volli allora cercare di porre un freno alla petulanza del birraio, già venuto in uggia ai liberali dabbene, e gli scrissi in termini forti. Gli dicevo, che ove pur fosse autorizzato da Mazzini, siccome egli diceva, ad aprire le lettere a questo dirette, egli non poteva far uso del contenuto delle medesime; che se non voleva mantenersi nei limiti voluti dal dovere, avremmo ben presto terminata la quistione nel Belgio; che a tale effetto io mi recava in Londra, dove sarei stato quarantott'ore a sua disposizione.
      Così feci, ma egli non comparve: ricevetti invece una lettera del Mazzini, il quale essendo tornato dall'Italia, voleva che avessi scritto lettere di scusa alle signore e al James [Stansfeld] che avevo sfidato a duello; si lamentava del perché io sparlassi di quelle signore; diceva che ove non mi fossi condotto a tal passo, non ci poteva essere più contatto tra me e lui; che non poteva separare la politica dal core; che gli dispiaceva assai, perché voleva proprio propormi un fatto ardito davvero, ecc.
      A tutto ciò risposi: che le opinioni manifestate sul conto delle signore, le diceva a lui, a lui solo, e non ad altri; che mi maravigliavo come ci confondesse la politica con esse; e come si ritenesse in diritto di dar facoltà a un terzo, a uno straniero, di aprir le lettere de' suoi intimi amici, e di conoscerne i segreti e gl'interessi; che vedendo com'ei mescolasse la politica colle personalità, io mi ritirava dalle cospirazioni; che venendo però il giorno della riscossa italiana, speravo che, quantunque non avessi stima delle signore in proposito, i miei connazionali non mi avrebbero negato o fiducia o un fucile per battermi contro gli Austriaci; e da ultimo aggiungeva, che senza essere l'agente o di governi o di individui, io era però sempre pronto a un fatto ardito; ma che questo doveva essere per me l'ultimo.


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Memorie Politiche
di Felice Orsini
pagine 371

   





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