Egli dovrebbe tenersi onorato di tali consorti, e coprire invece del massimo disprezzo coloro che gli sussurrano la parola del cortigiano, del vile e dell'adoratore. Uomo è, e superiore a molti per ingegno; ma questa sua dote volga a reale benefizio dei suoi simili, e non si tenga autorizzato a disprezzarli, a considerarli come macchine. Nessuno ha diritto di sprezzare l'umanità.
Io me gli serbo amico, ma quando pronunzio questo sacro nome, non intendo già di estenderlo egualmente a tutti i suoi confratelli; tra' quali, se n'ha degli ottimi, e' n'ha pur de' pessimi, e questi sono i più, degli intriganti, dei malfattori, dei calunniatori.
Ove egli non la intenda così, io non so che mi fare della sua amicizia, e la ricuso, come cosa che altamente mi nuoce e mi pesa.
Quantunque non abbia preso parte agli ultimi eventi di Genova, di Livorno, di Napoli; quantunque siano stati lì lì per inaugurare una guerra fraterna; quantunque miserabilmente incominciati e finiti; quantunque, nonostante ventisei anni di esperienza, abbia mancato a quella legge, che dice: "Doversi concentrare i maggiori sforzi contro il solo punto importante"; io taccio, e non mi lascio sfuggire una parola di biasimo intorno all'uomo travolto al basso, e giacente sotto il peso di una cieca reazione. Io mi so bene per fatto proprio, quanti e quali accidenti facciano dare il rovescio ai meglio concepiti disegni e progetti, per non lasciarmi ire alla impazzata nei giudizî.
Se mi sono permesso delle osservazioni intorno a' fatti passati, e alle sue idee, al suo senso pratico, e alla sua disposizione all'assolutismo, il feci, perché l'amicizia deve cedere al cospetto della salute della patria, e della causa repubblicana; perché la verità sola può salvarci; perché è un delitto trarre in inganno le menti giovanili dei nostri connazionali, in cui sono riposte le speranze dell'Italia; perché le adulazioni sono indegne degli uomini liberi.
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