Quali, che facciano manifesto esser noi figli della terra che diede un Ferruccio?
La lingua e non altro.
Noi ci leveremo ad un momento dato, noi faremo allora vedere, che Italiani siamo e di nome e di cuoresento rispondermi.
Ma ove i vostri petti siano fiacchi e molli, ove non siate abituati già alla virtù, non potrete metterla ad effetto tutto ad un tratto.
Dobbiamo noi dunque disperare?
Certo che no.
La gran massa della nazione - gli agricoltori, il popolo e la gioventù, che sta crescendo - è pura, e contiene il germe dell'eroismo e della virtù; ma perché questo abbia pieno lo svolgimento, perché non venga schiacciato o dalle fazioni o dal dispotismo, perché possa crescere rigogliosamente, egli è mestieri che togliate i pregiudizî e la ignoranza, i quali, a guisa di gelo, ne comprimono e annientano i primi moti di vegetazione.
Ma ponendo da banda le adulazioni, e parlandoci gli accenti che a uomini liberi si convengono, siete voi adatti ad educare le masse popolari?
Per poter ciò fare, incominciate ad essere Italiani voi stessi.
E che dovete fare per toccar il nobile intento?
Incominciate dall'essere fratelli; incominciate a rispettarvi l'un l'altro; a deporre la parola, che ad ogni piè sospinto avete pronta, della maldicenza; a non immischiarvi di ciò che spetta al santuario domestico, di ciò che costituisce la libertà e sicurezza individuale dell'uomo; imparate a rispettare la donna dell'amico, la sorella o la figlia di chi vi professa sentimenti di amistà; siate onesti. Deponete ogni elemento, che può dare indizio di fiacchezza e codardia d'animo; lasciate i convegni di ozio per darvi ad una vita attiva e studiosa.
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