Cosa non dissi per persuadere Spalazzi a disfarsi di certo sartore Antonio Sambi di Ravenna, rimandato in Italia da Parigi d'ordine di Mazzini e Cornetti per fare proseliti al comunismo, come aveva confidato a me? Si contentò di una semplice ammonizione, perché gli era stato raccomandato dal fratello. Quando il povero Freddi, Bedini, Zambelli supplicavano, perché s'impedisse la sollevazione di Rimini, davano al Cardinale Legato i più minuti dettagli delle macchinazioni dei liberali; chi altri che quell'infame di Lambertini circuì l'Eccellentissimo Gizzi, lo persuase della inutilità di qualunque misura in prevenzione di quello scandalo? E se meriti io taccia di calunniatore nel dare a Lambertini l'epiteto d'infame, l'Eccellenza vostra può consultare in via riservata l'Eccellentissimo Vannicelli, il vescovo Tomba, i governatori Masioli, Agabiti, Marcelli, e il giudice processante Piselli. Le sue mangerie, le sue scroccherie sono in Forlì notorie a tutti: tutti sanno che per quattrini venderebbe le chiavi di S. Pietro al diavolo. Io lo avvertii che nella sua provincia si facevano aggregazioni al comunismo, specialmente dal chirurgo Domenico Amadori; che da un tale locandiere Bendandi avevo imparato, essere stato commesso certo omicidio nella persona di un tale, che si rifiutò di commettere un furto in prova della sua fortezza prima di prestare il giuramento alla società. Di questo mio avviso ne ha fatto tal conto, come se non gliene avessi parlato. Quanto non ho mai detto con costui sul proposito dell'ingegnere del genio, Cerati, perché lo facesse espellere dal corpo come settario famigeratissimo, sul proposito di Emilio Zoli, e di tanti altri; e se ne è dato per non inteso!
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