Tutto quello, che ho fatto pel Governo mio, l'ho fatto per solo principio di coscienziosità; e per questo ho rifuggito sempre dal chiedere, dall'accettare un obolo solo di compenso. Che anzi tutto quanto ho guadagnato colla mia professione d'ingegnere, con i miei studî, l'ho sempre profuso in viaggi, in confidenti, in quanto credevo tornar potesse a buon conto della Causa Santa, che difendevo. Il fanatismo per questa mi condusse a rinunziare persino al piacere di vivere nel seno di un padre, di una sposa, di una famiglia reputatissima, che mi adorano; e me ne chiamavo contento, sperando di rimettermi un giorno tranquillamente in mezzo a lei, di ritrarre abbastanza dai miei studî, per goderne con essi. Invece mi vedo precipitato in una voragine di mali, condannato a lacrimare sul mio zelo. La mia professione, le mie cognizioni, quel poco d'ingegno che Dio mi donò, sono divenuti un nulla in un istante, e per essere stato affezionato, fedele, zelante, sono adesso nella denigrazione; mentre i sovvertitori della società trovano gaudio nella empietà loro, sentono oggi persino la consolazione di riabbracciare le loro famiglie. Designato coll'infamia a questa corrotta società, per non incappare sotto il pugnale ho dovuto correre a Roma a rifugiarmi, dove sono condannato ad una vita infelicissima; costretto a mirare, né tanto da lungi, una fine miseranda, se pure l'Eccellenza Vostra con mano pietosa non vorrà ritrarmi a salvamento.
In quella Scrittura politica, che sta fra le di Lei mani, speravo trovare il battello di scampo: ma oggi i tempi sono cambiati, sebbene gli uomini siano gli stessi!
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