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      Ma comunemente l'uomo la domanda mercé del padre, o d'altro stretto congiunto; e se la dimanda è gradita, egli può continuare a cantar come prima, ma non mettere però piede nella casa della fanciulla. Per giungere a tanto è mestieri che il notaro l'accompagni. L'onore calabrese è delicatissimo: e se il patto nuziale non si conchiude, la giovinetta difficilmente troverebbe un secondo partito, ove fosse risaputo ch'ella avesse ricevuto a casa il primo fidanzato. Ma se la dimanda è respinta, l'uomo deve giurare di non cantare piú sotto le finestre della donna, né di recarsi piú a zonzo attorno la casa di lei. Se gli manca questa prudenza, ed osa far lo spasimato e cantar tuttavia, la prima volta gli si manda un avviso amichevole, la seconda gli si corre sopra, e gli si rompe la chitarra, e la terza gli si dà un lampo di siepe. Lampo di siepe è una espressione energica, e significa un bel colpo di moschetto che un uomo appiattato dietro una siepe manda ad altri nel petto, nel passare che fa giú per la via. Nondimeno se il giovine è ostinato e non può tôrsi quella donna dalla fantasia, e se costei acconsente, ed il rifiuto dei parenti deriva da ragioni debolissime, ei si ricorda di esser bravo calabrese, e ricorre al dritto primitivo, all'occupazione come la intendevano i nostri padri romani, cioè alla forza. I riti infatti nuziali presso i figliuoli di Romolo ritraevano di un ratto; la fidanzata era rapita dal seno della madre, che con simulata paura dovea stringersela al seno; era assalita dai paraninfi, e, di notte, calata per la finestra, accompagnata con le fiaccole, imbavagliata con un velo (flammeum) sospinta sulle braccia entro la casa dello sposo, che col coltello le discriminava i capelli.


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Persone in Calabria
di Vincenzo Padula
Parenti Editore Firenze
1950 pagine 319

   





Romolo