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      Figliuoli, dicono le madri, quella bestiuola innocente è nostra amica: ella porta acqua nell'inferno, per estinguerlo. "Oh! che baie! diranno i miei lettori spoetizzati; e queste baie si credono al secolo XIX, e si scrivono nel secolo XIX" Ma, miei cari amici, queste baie le madri calabresi non le credono certo; ma io le noto come esempio del modo, onde in Calabria èlleno cercano di animare il cuore e la fantasia dei loro bambini. Il fanciullo impara cosí ad ammirare il bello della natura, cioè il bello inesauribile di Dio, impara a chiudere in un solo sentimento di amore gli uomini, le piante e le bestie: impara a volgere lo sguardo oltre i confini della vita presente ed a sentire le sante paure dell'invisibile e dell'infinito; ed in ciò io credo che sia la perfezione del cuore e della fantasia. Crescendo negli anni, smetterà queste ubbíe; ma non già il sentimento affettuoso che le suggerí; e se sarà fiero, orgoglioso, impaziente dell'ingiurie, rispetterà certo l'essere debole ed inerme; e se volgerassi agli studi, avrà di che potere addivenire poeta. La poesia tra noi è morta, perché la poesia è la filosofia della barbarie, l'idea non distaccata ancora dalla immagine, la sintesi dell'uomo e della natura, cioè l'uomo fatto cosa, e la cosa fatta uomo, e per esser poeta è d'uopo divenir fanciullo e barbaro mercé la scienza.
      Ora la fanciulla prende una lucerta, la soffoca nel vino, fa che il sole la dissecchi; la riduce in polvere; poi di quella polvere prende un pizzico, e lo versa addosso all'amante.


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Persone in Calabria
di Vincenzo Padula
Parenti Editore Firenze
1950 pagine 319

   





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