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      Poveri usignuoli! Coloro che n'escono col nome di cameriere, ad altri servizii sono addette che a quelledi vestire la signora; ed in secolo positivo come il nostro la dote di 40 docati non è tanta che faccia gola ad un artigiano laborioso, o ad un onesto contadino, perché le vogliano a loro spose. Sono artigiani senza lavoro e pieni di vizii, sono contadini o vedovi, o vecchi o miserabili che le uniscono al loro destino per farne un mezzo di turpe ed immorale guadagno, e di tanta corruzione, onde freme ogni anima onesta, son noti mille esempi. E tali riflessioni, che ci passarono allora per mente, ci abbassarono la testa sul petto, e noi guardammo con commiserazione quelle creature, cosí liete, cosí improvvide dell'avvenire, cosí ingenue fra le mura dell'orfanotrofio e, quattro passi lontano da quello, destinate a cadere in un abisso senza fondo. Noi crediamo che l'educazione non debba istillarci idee superiori alla nostra fortuna, procurarci bisogni incapaci di essere soddisfatti coi nostri mezzi ordinari, accostumarci ad un genere di vita contrario alla condizione, che ci aspetta. Noi crediamo che quelle fanciulle debbano imparare un mestiere tale che dia loro di che guadagnarsi onestamente la vita. In Calabria un proverbio dice: Mano pinta, fortuna tinta. La mano che pinge e ricama non guadagna nulla nell'attuale stato delle nostre industrie: la tessitrice guadagna, guadagna la maestra di seta, guadagnano le poche donne che sanno tingere i panni, fabbricare il pane, inamidare la biancheria, preparare confetture ed altro.


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Persone in Calabria
di Vincenzo Padula
Parenti Editore Firenze
1950 pagine 319

   





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