Questi son docili, ubbidienti, e bene educati; non cachinnano, ma ridono, non ridono, ma sorridono, e ciarlano mal volentieri; perché il padre che domina in casa con governo assoluto, ripete sempre a loro: U juoco è nu pocu, A risa è na prisa, - e A jumi cittu nu jiri a piscari (non andare a pescare in fiume, che non fa rumore). Essi aiutano il padre nei lavori del campo, e nelle cure del gregge. Le pecore son preferite alle capre perché secondo il lor detto: Sett'anni in pecora, ed uno specora, vale a dire che le pecore se non fruttano un anno, fruttano però sett'anni di seguito, e la guardia non se ne confida a persone estranee e mercenarie, perché il massaro ha trovato scritto nel suo codice: 'A piecura è de chi a siècuta, vale a dire, la pecora appartiene a chi le va appresso. Il massaro rientra in paese la sera di ogni sabato; la dimane esce in piazza, siede nel sacrato della Chiesa, e là tutti i contadini lo circondano; gli usano mille atti di rispetto, gli chiedono consiglio, gli domandano soccorso, lo pigliano ad arbitro delle loro controversie. Egli decide, e le sue sentenze sono inappellabili. U massaru è seggia (sedia) e notaru; ed egli è notaio, è avvocato, è giudice, è quello che gli antichi patriarchi erano nelle antiche tribú. Nei piccoli paesi, dove non sono famiglie di galantuomini, il massaro è il factotum. Il parroco, i preti, i monaci lo corteggiano, perché egli dà loro a vivere con le sue elemosine, e decide della loro buona opinione.
Il predicatore quaresimale gli fa la prima visita perché sa che predicando egli, se il massaro dorme in Chiesa, tutti dormono, s'egli sputa, tutti sputano, se arriccia il naso in segno di disapprovazione, i contadini che guardano come in una bussola nella punta del naso del massaro, disertano dalla Chiesa.
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