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      Ogni fondo infatti che si dà a mezzadria ha una casa rustica detta torre, e di qui il nome di torrieri dato ai coloni. E le nostre campagne si popolarono di torri e di torrieri, i quali col vivere segregati da un anno ad un altro, col non venire nel paese che rare volte, ignari di scrivere e di leggere, e privi d'istruzione religiosa vivono in uno stato che confina con quello del bruto. Ed altro male che ne nacque fu la cresciuta difficoltà di distruggere il brigantaggio, giacché il brigante trova sempre in ogni punto della campagna un covo che lo accoglie.
      29 giugno 1864.
     
     
     
      IV. - I BRACCIANTI
     
      La classe piú numerosa e piú miserabile è quella dei braccianti. Fino ad otto anni il fanciullo calabrese va dietro all'asino, alla pecora, ed alla troia: a nove anni il padre gli pone in mano la zappa, e la pala, in ispalla la corba, lo conduce seco al lavoro, e lo mette in condizione di guadagnarsi 42 centesimi al giorno. A quindici il suo salario cresce, e ne ha 67; a venti non tratta piú la zappettina, ma la grossa zappa, e con rompersi l'arco della schiena da mane a sera ha 85 centesimi e la minestra, o 125 senza minestra. Allora si sente di esser vero bracciante, e, per scemare o raddoppiare la sua miseria, prende moglie. E la prende, perché il padre dice: Ad agusto, fora fora, nun vuogliu sèntari chiú suspiri. E finito in agosto il ricolto, il bracciante ha una piccola provvisione di grano che gli dà il padre, e prende moglie. La nostra contadina in aprile sogna fiori, e il bracciante è contento, perché in Calabria per dormire a letto bisogna essere marito.


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Persone in Calabria
di Vincenzo Padula
Parenti Editore Firenze
1950 pagine 319

   





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