Fino a due anni dormí nel misero letto dove fu concepito: nacque il secondo fratello, ed egli fu respinto nella parte inferiore; nacque il terzo, ed egli uscí dal letto e dormí sopra il cassone; nacque il quarto, ed ei cadde giú dal cassone, e si trovò a dormire sul focolare. Poi crebbe, e d'inverno passò la notte nel pagliere accanto all'asino, d'està prese sonno sulla via allo scoverto, e, se avea un'innamorata, andò a dormire sullo scaglione della porta, o sul ballatoio della scala di lei.
Tutta stanotti a na scala ho dormuto;
L'acqua e lu vientu mi ci ha perramatu;
Ma u vientu mi paria lu tua salutu,
E l'acqua mi paria acqua rosata.
Perramare significa perticare, abbacchiare; e il poverino era flagellato dall'acqua e dal vento; e nondimeno quel misero ha tanta gentilezza di cuore, e bellezza di fantasia, che il buffo del vento gli pare il saluto della sua bella, ed acqua di rose la pioggia. Ma agosto è venuto; egli si mette una piuma di pavone al cappello, e prende moglie; e l'idea della moglie va associata con quella del letto, del letto che gli sembra un trono. E come potrebbe immaginare l'una senza l'altro? Nella Calabria nostra la povera donna del popolo per maritarsi deve avere un letto, che spesso è l'unica sua dote; e il nostro bracciante che fino a venti anni si ha ammaccato le carni sulle pietre della via, vede quel letto e canta:
Intra su liettu 'e ricamati panni
Ci sta na varca cu tricientu 'ntinni:
E' na figliola di quattordici anni,
Calata da lu cielu 'nterra vinni.
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Calabria
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