I proverbi: È juruta a frasca; nun avimu chiú paura, - e A primavera u Signuri spanni a tàvula (13) sono commoventi. O tragicommedia della vita! Il fiorellino che spunta parla due linguaggi; al ricco dice: "Ama!" al povero dice: "Mangia!" E il bracciante riprende la zappa, e torna ai campi; ma questa volta non lavora piú allegramente, perché sa che tutti i suoi guadagni della bella stagione non bastano a pagare i debiti da lui contratti nella brutta. Una canzone popolare dipinge il suo stato, ed è mirabile:
Iu chiangu (piango), amaru io! quant'aju de dari;
Nu mi resta nu filu de capilli.
Infelice! per pagar dunque i suoi debiti dovrà privarsi di tutto, e rimanersi senza un filo di capelli?
Nun puozzu cu la genti pratticari;
Ugnunu chi mi sconta: Avissi chilli?
Che pittura vera! Egli non può bazzicare liberamente come prima e chi lo incontra strofina il pollice sull'indice e gli dice: Hai tu quel denaro che mi devi? Quel chilli senza sostantivo, quella domanda senza un mi dice, che lo preceda, son due eleganze stupende, che non s'imparano certo sul vocabolario, ma sulla bocca del popolo.
Io mi vuotu cu nu buonu parrari:
Oji li dugnu a tia, dumani a chillu.
Io mi volto. Non ti pare di vedere un botolino dentro una cerchia di grossi cagnacci, che con la coda tra le gambe giri attorno a sè stesso? Con un buon parlare. E certo il suo dev'essere un umile e buon parlare per chetare i creditori, quando dice: Oggi pagherò te, domani lui.
Ca si alla chiazza mi faciti stari,
Iu a pocu a pocu vi ni pagu milli.
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Signuri Avissi
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