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      Vuole il letto, vuole il sonno, vuole la scodella piena di patate. Ma introducete le machine, e questo sconcio sparirà. La machina è l'opera dell'intelligenza, è l'istromento dell'intelligenza; e il contadino per trattarla dev'esercitare la sua; e poi, il lavoro con le machine non è continuo, ed a lui rimane sempre tempo per vivere scioperato. E ricordiamoci bene che il progresso della civiltà ad altro non tende che a scemare il lavoro, a crescere l'ozio, perché in economia politica ozio è sinonimo di ricchezza. Dopo di ciò ci sarà permesso di esprimere un altro desiderio, e potremo dire ai Sindaci: - Siate benemeriti della patria, ed istituite nei vostri comuni un piccolo orto agrario ed una scuola di agricoltura! - Mezzo ettaro di terreno irrigabile vicino al paese basta a ciò, bastano venti lire per libri, bastano altrettante per l'acquisto delle piante piú necessarie. Torneremo in seguito su questo argomento; e mettiamo fine col dire che se il governo ha fatto il dover suo quotizzando ai proletarii i terreni comunali, è necessario che noi facciamo anche il nostro. E quale esso sia il dicemmo altrove. Svegliamoci dunque dall'inerzia in cui viviamo: tutti noi desideriamo considerazione e rispetto del nostro popolo, e finora (Galantuomini di Calabria, permettete che ve lo dica) l'abbiamo cercato ed ottenuto a forza di opprimerlo, di minacciarlo,
      di percuoterlo, di disonorarlo. Ne abbiam voluto il timore, non l'amore, la servilità, non il rispetto, ed a nessuno di noi venne in cuore il generoso pensiero di dire: - Voglio essere rispettato a forza di beneficii -. È tempo che questo pensiero nasca; è tempo che facciamo ministri di civiltà, e di morale; è tempo che la provincia da una parte, e noi dall'altra concorriamo a redimere dalla miseria, dall'ignoranza, e dalla viltà in cui vive codesta moltitudine di Cristi ignudi, che ci dicono: "Non abbiamo altro che le braccia, e noi siamo nati da un afflitto legno". E l'afflitto legno onde son nati, è la Croce di quel Dio, che gli ha redenti.


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Persone in Calabria
di Vincenzo Padula
Parenti Editore Firenze
1950 pagine 319

   





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