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      Il bifolco non tocca vitto dal padrone; ma quando è mandato a lavorare per altrui, viene spesato da chi ne conduce l'opera.
      Fra noi le greggi di capre e di pecore si danno a capo saldo, ma per lo piú si associano. Ogni gregge si compone da 250 capi in su. Diciamo massaru il mandriano, curàtulu il cascinaio, furisi i pastori ed i caprai, e capufurisi il vergaro. Diciamo anniglia la stroppella (17), sciamorta la sopranno, e pecora fatta la fattrice. Anniglia è vocabolo piú bello di stroppella e bisognerebbe introdurlo nel dizionario italiano; e del pari la cervella, la lastra, e la capra corrispondono all'italiano capretta, toriccia e capra.
      Quando il gregge si dà a soccio pretto, il padrone non spesa i pastori, ma dà loro il viatico (mmiata, inviata) da Pasqua alla festa di S. Pietro in fave, olio, sale e polenta. Ma quando si dà, come diciam noi, metà a suolo, e metà a parte, il pastore riceve dal padrone di quattro a cinque tomoli di grano o frumentone, piú o meno secondo i luoghi ed i patti, e cede a lui la metà di ciò che potrà spettargli dei frutti della mandria. Son frutti della mandria l'agnellatura, il latticinio, la lana e lo stallatico. Al dí festivo di S. Pietro si fa la massa delle spese in erbaggio, in viatico e nelle tre scarnascialate di Natale, Carnovale e Pasqua, e, ristorate le spese, ciò che avanza del guadagno si divide in due parti, l'una delle quali cade al padrone e l'altra al mandriano ed ai pastori, che se la compartiscono. Il padrone però ad ogni centinaio di stroppelle se ne preleva tre per carnaggio, e perdenza come diciam noi, per compenso, vale a dire, delle bestie che si smarrirono, o potevano smarrirsi, che furono divorate o poteano divorarsi dal lupo.


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Persone in Calabria
di Vincenzo Padula
Parenti Editore Firenze
1950 pagine 319

   





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