- Fratello, - gli disse, - son venuto a trovarti; siamo di Pasqua, sai? Vuoi fare ad arè busè (zúcculu). - Facciamo; ma che si perde e che si vince? - Tu hai, - disse Marzo, - trenta giorni, giuochiamone tre; se tu perdi resterai con ventisette, se perdo io te li darò l'anno venturo. - Son contento, - risponde Aprile. - Si mette la lippa a terra; Aprile percuote con la mazza, e non coglie. Marzo, mulo ch'egli è, percuote, e la lippa vola a quaranta passi. - Hai vinto, - dice Aprile. - Ho vinto, - dice Marzo, e padrone dei primi tre giorni del fratello li carica di tanta neve, e di tante burrasche, che il pecoraio, il quale già si tenea sicuro del fatto suo perdette tutte le pecore".
Queste favole che noi abbiamo raccolto dalla bocca del popolo, queste credenze ad una signora misteriosa che col roseo dito fa un buco nelle nuvole, ad un Leone vecchio, che come un vecchio Barbanera si affaccia dalla tana a far prognostici sul buono o reo tempo, a Marzo creduto mulo, che annega la madre, e vince il fratello accennano a tradizioni antiche, a poemi popolari perduti, ad idee pagane non ancora estinte tra noi.
13 luglio 1864.
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I pastori abbandonano la mandria a vicenda e rientrano in paese ogni quindici giorni; ma ciò avviene di està, non d'inverno, perché in questa stagione trovandosi nei luoghi maremmani vi dimorano sei mesi dell'anno non interrotti mai, essendo troppo lontani dai villaggi nativi. E questo loro vivere segregato e selvaggio in campagna, senza culto, senza insegnamento religioso, li rende stupidi ed ignari di ciò che, non dico ogni uomo, ma ogni fanciullo cristiano deve conoscere.
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