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      Del mondo civile han poche idee, di Dio nessuna, e noi piú volte ci siamo provati a studiare il laberinto del loro cervello, e non ci è riuscito. Il popolo che li deride al vederli entrare in paese, camminando in punta di piedi come le capre, avventando la persona coll'atto di chi col vincastro si spinga innanzi le pecore, e facendo attorno a sé certe guardature da lupo, ne ha dipinto l'indole balorda, ed i costumi brutali nella qui sotto poesia, onde i fanciulli nostri, birichini che sono, non mancano mai d'inseguirli cantando:
     
      U pecuraru quannu va alla missasi assetta 'nterra, e mussu e piedi accucchia,
      Vidi l'acquasantara e: - Chid' è chissa?
      Mi pari l'acquicella de na pucchia...
     
      È molto se il pecoraio ode messa cinque volte l'anno. Entrando in chiesa s'assetta per terra, ed accoppia (accucchia) il muso coi piedi. Stando in quel modo guarda tutto e di tutto ha maraviglia. Vede l'acquasantara, ossia la pila dell'acqua benedetta, e domanda: - Che cosa è questa? E gli pare che sia l'acqua ferma d'una pozza (pucchia). È una magnifica idea.
     
      Quannu senti sonori li campani
      Grida: Cumpagnu mio danni sa mazza,
      E dà nu fischiu pe' chiamari li cani,
      Ca si cridi lu lupu alla garazza (ovile).
     
      Ma la maraviglia si fa spavento quando egli ode suonare i sacri bronzi. Quel suono gli sembra venire dai campanacci delle pecore assalite dal lupo dentro l'ovile; e il buon uomo dimentico di trovarsi in chiesa grida al compagno: - Dammi qua codesta tua mazza, - e fischia chiamando i cani, che si trovano Dio sa dove.


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Persone in Calabria
di Vincenzo Padula
Parenti Editore Firenze
1950 pagine 319

   





Dio Cumpagnu Dio