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      Poi la notte movendosi per tornare al gregge, le passa di nuovo innanzi all'uscio serrato, anima la zampogna, e canta. Teocrito ha dipinto i nostri antichi pastori, che d'inverno migravano come ora verso le marine di Crotone; ed in una delle sue egloghe un pastore calabrese canta cosí:
     
      O graziosa Amarilli, perché allora che io passo tu non porgi piú la testa dalla apertura della tua grotta? Mi odii tu? Ho deforme il viso, inelegante la barba? O Ninfa, tu mi fai morire.
      Ecco dieci pomi che io ti arreco. Gli ho colti sul medesimo albero che tu mi indicasti, e domani te ne porterò altri. O Ninfa, abbi pietà del mio affanno!
      Ah perché non posso trasformarmi in quest'ape che ronza? Se cosí fosse, o ninfa, io penetrerei nel tuo speco, introducendomi a traverso le verdi f rondi e l'èllere che lo coprono...
     
      Questa poesia è bella; ma Teocrito è un meschinissimo poeta a paragone del nostro pastore quando canta:
     
      Vorria èssari nu milu, si potissi
      E dintra u piettu tua ci giriassi!
      Vorria èssari seggia, e tu sedissi,
      Ed iu cu si jinocchia ti jucassi!
      Vorria èssari tazza, e tu vivissi,
      Ed iu cu si labbruzzi ti vasassi!
      Vorria èssari liettu, e tu dormissi,
      Ed iu lenzulu chi ti cummogliassi! (coprissi)
      Vorria èssari Santu, e pua morissi,
      E tu cu si manuzzi mi pregassi!
     
      Nessuna letteratura antica o moderna ha una anacreontica simile a questa. Com'è ritratta bene la natura! Le nostre donne prive di tasche usano riporsi tra le mammelle la chiave, il denaro, il gomitolo del filo, la noce, la castagna, la mela, che altri doni a loro.


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Persone in Calabria
di Vincenzo Padula
Parenti Editore Firenze
1950 pagine 319

   





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