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      Vero è sí che sulle tre ore dopo il tramonto tirano un colpo di moschetto in aria per dire ai ladruncoli: "Noi vegliamo a veletta"; ma i ladruncoli la intendono altrimenti e rispondono - La è questa l'ora nostra; i guardiani vanno a dormire.
      Dopo la vendemmia le vigne si abbandonano affatto: i poveri vi saltano dentro a raspollare; pastori, porcari, bovari vi immettono gli animali, e le viti si smozzicano, e gli arbuscelli si scalpicciano; poi viene inverno, e i poveri involano i tútori; poi sopraggiunge primavera, e gli animali nomadi, non ostante le grida dei padroni, rientrano nelle vigne ch'erbiscono; e cosí le piú belle appaiono a breve andare sciupate, spalate, scarmigliate. Questi mali non avvengono per le vigne che fan parte d'un podere, perché lí è un colono che le custodisce; ma questa sorte vigne è poca cosa tra noi: il piú sono, come dicemmo, isolate e a breve distanza dal paese. Egli è perciò che da non molti anni addietro le vigne si danno ai vignaiuoli. È il vignaiuolo un bracciante che non avendo bisogno per vivere di locare l'opera delle sue braccia mentre dura l'inverno, si prende dal proprietario la vigna a patto di coltivarla, e di avere metà del mosto. E la coltura procede cosí. Le viti si potano a marzo, antica consuetudine suggellata dalla canzone popolare che comincia: Chiangiunu l'uocchi mia chiu de li viti; Veni lu misi e marzu e li putati; e quest'opera viene sorvegliata dal padrone, perché il vignaiuolo non lasci piú di due occhi a ciascun capo. Parte della potagione è la stralciatura (sarmentari), e le donne chiamate a stralciare son pagate dal vignaiuolo, che divide col padrone le fascine dei sarmenti ad uso di fuoco.


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Persone in Calabria
di Vincenzo Padula
Parenti Editore Firenze
1950 pagine 319

   





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