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      Nei terreni valligiani gli olivi sono piú frequenti. Tu ne trovi inarborate vaste pianure, che si coltivano anche a grano, a frumentone, ed ortaggi; e le olive, o si raccolgono dal padrone a suo conto, e se ne fa la stima mentre son pendenti, o si danno alle popolane che, riconoscono il proprietario o con denaro, o con olio. Esse vendono le bianche, e massime gli olivoni e gli orboli (tummarelle), che s'indolciscono a tenerli nel ranno, nella calce, poi in acqua frequentemente rinnovata; e cinquantacinque litri di questa sorta olive fanno sei lire e settantotto centesimi. Le moraiuole, che maturano prima delle rosselline, sono piacevole mangiare, quando abbattute dal vento son rimaste a far le grinze per terra. Si raccattano, e parte s'insalano, parte lievemente scottate (sqalate) si condiscono nelle terzaruole con sale, finocchi, ed origano e vengono a desco alla chiamata di olive origanate. I fattoi sono per tutto dentro l'abitato. Nessun nostro galantuomo si crede proprietario davvero quando non abbia un trappeto, e tutti i trappeti sono fatti ad un modo. La pila (fonte) è un piatto circolare di pietra a fondo piano, sulla quale ruota la macine, mossa per mezzo d'una stanga, che vi è attaccata, o da un mulo, o da un bue, o da una brenna, a cui si mettono i paraocchi (panarelle). I fattoiani son sempre tre, l'oliandolo (agliere), l'attizzatore (tizzuni) e il saccardo o vetturino che tien mente alla bestia. A destra in fondo è il torchio, a sinistra il focolare, con una caldaia sul fuoco.


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Persone in Calabria
di Vincenzo Padula
Parenti Editore Firenze
1950 pagine 319