Il piú vago spettacolo è d'inverno nella marina del Jonio: giovinette di tutti i tipi, che vestono di tutti i colori, che cantano in tutti i tuoni, ora sole, ora a gruppi, ora ritte, ora piegate sotto l'ombra degli ulivi.. Un mesano (misaruolu) che tira una lira al giorno è il loro soprintendente. Le chiama appena giorno al lavoro, le sgrida per poco che si disaffatigano, le codía perché sotto i cespugli non nascondano qualche monzicchio di olive, e quando, posto il sole, le sciopera, caccia loro le mani addosso (e questo atto villano noi vedemmo con gli occhi) frugandole nel petto e nelle tasche della sottana. Alle poverine è fatta facoltà di mangiare l'olive passe (morte) chetrovano per terra, ma non quella di portarsene a casa. Non tirano piú di 34 centesimi al giorno: tutti i loro dí son di maghero; agli, cipolle, olive, e pane vecciato è il loro cibo; né mangiano mai cucina, se non quando abbattendosi in qualche cicoria o ramolaccio (laprista) ne fanno minestra, ed ottengono per condirla un filo di olio dal padrone. Questi, e se non questi, i figliuoli e gli amici di lui aliano attorno a quelle giovanette, facendo gli occhi dolci, ed elleno che sono astute la lor parte fanno ad essi un milione di forche e di moine. Molte ed assai molte immemori dell'avvertimento paterno vi perdono l'onore; molte sono piú avventurate, e prima divengono concubine, poi mogli di alcuno dei loro padroni. Gli esempii ne abbondano, e questi esempii hanno nociuto alla moralità delle nostre montanine, che corrono alle maremme in cerca di buone avventure.
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Jonio
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